Affrontare la crisi di impresa in tempi di COVID-19

di Matteo Filippi
 
L’evento pandemico che ha coinvolto il mondo intero in esito al diffondersi del virus COVID-19 ha costretto il Governo italiano ad adottare (con modalità invero piuttosto farraginose) misure normative eccezionali che arrivano a limitare libertà fondamentali espressamente tutelate dalla Costituzione, quali ad esempio quella di circolazione (art. 16), di riunione (art. 17) o di pubblico culto (art. 19).

Il blocco delle attività disposto dalle norme eccezionali giustamente (anche se purtroppo tardivamente) sancite dal Governo sta già avendo ed ancora di più avrà nel prossimo futuro un impatto devastante sull’economia italiana, la quale già prima dell’epidemia vedeva vari comparti produttivi versare in stato di grave stagnazione.
Come già hanno osservato importanti organismi ed eminenti studiosi, in un simile contesto la grande maggioranza delle imprese subirà una importante perdita di reddito conseguente all’attuale blocco delle attività ed una consistente diminuzione della liquidità a seguito del prevedibile aumento degli insoluti (le proiezioni di varie società specializzate riportano infatti in merito dati veramente allarmanti). A ciò dovrà aggiungersi anche la pratica impossibilità di prevedere i flussi di cassa futuri, con generale incertezza sulle concrete possibilità di far fronte ai propri impegni.

Allo stato attuale risulterebbe quindi impensabile applicare i noti indici dell’allerta di cui all’art. 13, comma 2 D.Lgs. 14/2019 ed i conseguenti obblighi di segnalazione (artt. 14 e 15 del citato decreto) in capo agli organi di controllo societari, ai revisori contabili, alle società di revisione ed ai creditori pubblici qualificati, tanto che con l’art. 11 D.L. 9/2020 ne è stata prorogata l’entrata in vigore dal 15 agosto 2020 al 15 febbraio 2021, data alla quale tuttavia l’emergenza non sarà di certo cessata.
Contestualmente, è legittimo aspettarsi nelle prossime settimane un massiccio ricorso alle procedure esecutive ed alle istanze di fallimento da parte di creditori rimasti insoddisfatti, senza contare che permane l’obbligo (sanzionato penalmente ex art. 267, comma 1, n. 4 L.fall.) dell’imprenditore in stato di insolvenza di presentare istanza di fallimento in proprio qualora l’omessa presentazione sia idonea ad aggravare il proprio dissesto.

In questa prospettiva alcuni Autori, constatato che nell’attuale condizione straordinaria la normativa ordinaria in materia di crisi di impresa non risulta adeguata, hanno auspicato che sia normativamente disposto che il fallimento non venga dichiarato se l’insolvenza è stata determinata da forza maggiore, ovvero che non siano dichiarate fallite le imprese che “ad una data prossima allo shock (per esempio il 29 febbraio 2020) risultavano in bonis”.

A parte le misure straordinarie già adottate dal Governo nell’imminenza degli eventi e pertanto non ancora adeguate, sappiamo essere allo studio ulteriori strumenti per poter fronteggiare l’attuale emergenza economica e rispondere così alle esigenze di liquidità delle imprese (aiuti di Stato, moratoria delle azioni esecutive e prefallimentari, sospensione generalizzata dei termini non scaduti ad una certa data, ricorso alla finanza ponte, ecc.).

Consapevoli che proprio questo è il momento giusto per analizzare realisticamente il presente e per progettare adeguatamente il futuro, noi di Studio Impresa abbiamo aperto un tavolo di studio permanente sulle novità legislative e sugli incentivi e messo a punto il Progetto Ripartiamo, un piano strategico per aiutare le imprese in difficoltà a causa della pandemia in corso.

Per informazioni potete prendere contatto con lo Studio.
 

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